The Hunger Games – Catching Fire, la colonna sonora: recensione in anteprima

Katniss Everdeen è una delle partecipanti agli Hunger Games, i crudeli giochi al massacro organizzati dal dittatoriale regime di Panem: alla fine del primo film della saga, avevamo lasciato questa giovane sventurata malconcia, indignata ma, fortunatamente, ancora viva. Il secondo capitolo di questa straordinaria saga (chi vi scrive è un fan sfegatato) la riporterà nella stessa arena assassina, questa volta contro i vincitori ancora in vita delle passate edizioni. Quanto detto finora è, in breve, ciò che viene trasposto in note dalla colonna sonora che vi sto per recensire: The Hunger Games – Catching Fire (La ragazza di fuoco, nella versione italiana) è, indiscutibilmente, un disco della madonna, che canzone dopo canzone, testo dopo testo, ci trasporta nel tormentato mondo della Ghiandaia Imitatrice, il soprannome dato alla coraggiosa protagonista dalla scrittrice Suzanne Collins.

L’album si apre in maniera epica con Atlas, uno di pezzi più belli (qui lo dico, qui lo nego) della carriera dei Coldplay, per poi proseguire in maniera quasi ipnotica con canzoni che, mano a mano, aggiungono un tassello alla storia da raccontare: ecco arrivare allora i corpi accatastati di Silhouettes degli islandesi Of Monsters and Men, le frecce da scagliare furiosamente contro il cielo in Arrows at the sky di Santigold, o ancora il senso di abbandono e lontananza in Gale dei The Lumineers.

Fortunatamente, il vestito cucito addosso a Katniss non è soltanto bagnato da lacrime ma è anche infiammato da un fuoco travolgente, che le permetterà di superare qualunque ostacolo: il devastante potere delle fiamme è sprigionato da una serie di pezzoni come la bellissima We Remain di Christina Aguilera (So burn me with fire, Drown me with rain, I’m gonna wake up, Screaming your name) o la dolcissima Mirror di Ellie Goulding (I was the girl Who was in Fire, online a bird could get much higher), brano che parte sottovoce e vira poi verso l’elettrionica.

La lotta si concluderà con un trionfo o con una bruciante e terribile sconfitta? Questo non ve lo possiamo dire, altrimenti vi rovineremmo la sorpresa, ma possiamo comunque svelarvi che tutta questa impresa è caratterizzata da un generale fondo di epicità, perfettamente espresso dalla profonda voce di Patti Smith in Capitol Letter  (un vero e proprio inno rivoluzionario, se avete letto il libro ve ne innamorerete) oppure da pezzi come Elastic Heart di Sia insieme a The Weeknd e Diplo (You cannot break me, I’m still fighting for this).

A completare l’album, che nel complesso suona irresistibilmente indie/folk, arrivano anche i contributi di altri interessanti artisti, come la giovanissima Lorde in Everybody wants to rule the world (cover dei Tears for fears), i The National nella struggente Lean e infine The Weeknd in Devil May Cry. L’onore di chiudere la tracklist spetta però ad Anthony and the Johnsons, che in Angel on fire, con quel suono di onde in dissolvenza cerca, metaforicamente, di pulire le ferite e cancellare le sofferenze, interiori e fisiche, della protagonista ma, perché no, anche nostre.

Mi sa proprio che dovrò portarmi dei kleenex al cinema, con un film e una colonna sonora di questo calibro potrebbero facilmente venirmi gli occhi lucidi.

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Tracklist

1. “Atlas” — Coldplay
2. “Silhouettes” — Of Monsters and Men
3. “Elastic Heart” — Sia (ft. The Weeknd & Diplo)
4. “Lean” — The National
5. “We Remain” — Christina Aguilera
6. “Devil May Cry” — The Weeknd
7. “Who We Are” — Imagine Dragons
8. “Everybody Wants to Rule The World” — Lorde
9. “Gale Song” — The Lumineers
10. “Mirror” — Ellie Goulding
11. “Capital Letter” — Patti Smith
12. “Shooting Arrows at the Sky” — Santigold
13. “Place for Us” — Mikky Ekko
14. “Lights” — Phantogram
15. “Angel on Fire” — Antony and the Johnsons

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