Cento anni della Radio – Intervista ad Andrea Di Ciancio (Rai Radio2): “Non riesco ad immaginarmi in radio senza Arduini. Coi Lunatici puoi sentirti speciale per una notte o per un’intera stagione”

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Per celebrare i Cento anni della Radio, RadioMusik.it  ha intervistato Andrea Di Ciancio, che ha appena cominciato – insieme a Roberto Arduini – la settima stagione de “I Lunatici”, programma notturno di Rai Radio2. Ecco cosa ci ha detto.

Ciao Andrea. Cos’è per te la radio?

Cos’è per me la radio? Evito di dirti che sia un’amica, una compagna di viaggio, una finestra sul mondo, un luogo di fuga, una voce che mi fa ridere o che mi fa emozionare, le regole, le eccezioni, i tempi,  la musica, il cuore,  la passione,  un grande amore. Evito di dirti tutto questo perché è tanto di più”.

In passato hai detto che ti sei dato un anno di tempo per cercare di trasformare la passione per la radio in un lavoro: qual è stato il momento in cui hai capito di avercela fatta?

“Ricordo molto bene quel periodo. Venivo già da qualche anno di tirocini e stage in radio locali, ma la situazione sembrava non sbloccarsi mai, e quindi continuavo a fare anche altri lavori per potermi permettere di andare in radio tutti i giorni e di seguire corsi per poter entrare a contatto con questo mondo. Raramente mi fermo a fare bilanci sul mio percorso professionale, preferisco guardare avanti.  Forse anche per una sorta di insicurezza che nel tempo ho cercato di trasformare in una spinta positiva, non sento mai di avercela fatta”. 

E c’è un momento in cui – quella in corso è la settima stagione – hai capito che tu e Roberto Arduini stavate conducendo un programma di successo?

Anche con Roberto non ci fermiamo mai  a pensare ai risultati raggiunti, non ci siamo mai concessi un brindisi o un festeggiamento in questi anni.  Ammetto però che durante l’ultima presentazione dei palinsesti Rai, quando abbiamo portato i Lunatici sul palco, insieme a tutti i big del prime time, eravamo emozionatissimi e ci siamo sussurrati quasi con commozione: “guarda dove ca… siamo arrivati“. E’ stato un momento molto intenso che porterò sempre nel cuore”.

Da “I Lunatici” emergono personaggi particolari e racconti emozionanti: secondo te ve li porta l’atmosfera notturna, o è il vostro programma ad attirarli?

Io credo che sia un mix delle due cose.  In questi anni il programma è cambiato, lo abbiamo modulato in base a quelle che abbiamo percepito essere le richieste del pubblico. La notte secondo me aiuta nella gestione dei tempi ma è il clima che siamo riusciti a creare a fare la differenza. E’ bello quando qualcuno ti chiama per confessarti una cosa che non ha mai detto a nessuno perché ha capito in pieno lo spirito del programma”.

Ogni puntata ha un percorso diverso rispetto alla precedente: quali sono i lati positivi e quelli negativi dell’imprevedibilità delle telefonate?

L’imprevedibilità è il punto di forza del nostro programma nel quale veramente  può succedere di tutto. Tante persone continuano a pensare che molti di quelli che chiamano siano dei personaggi creati a tavolino con dei copioni in mano. Questo dimostra che la realtà, se ci fermiamo ad ascoltarla, può darci molto e stupirci in tanti modi. D’altro canto questa imprevedibilità  richiede da parte nostra sempre una attenzione molto alta e soprattutto la capacità di cambiare registro da un momento all’altro, senza urtare la sensibilità di nessuno”. 

 Il “Quiz Lunatico” è nato come una piccola parentesi, ma ora prende sempre più spazio: prevale ancora l’improvvisazione di Arduini, o dovete cominciare a parlarne mentre andate in radio?

Ogni tanto riflettiamo su questa cosa ma credo che se quei momenti non fossero improvvisati sarebbero molto meno divertenti, costringerebbero noi a recitare una parte. La spontaneità nostra è il seme di quella che poi  riceviamo in cambio dagli ascoltatori”.

Secondo te perché Michele da Foggia e Nonno Giannino si dannano l’anima per vincere premi come la Sirena d’Oro e il Pallone d’oro lunatico, che non esistono?

Penso che il nostro programma abbia un’importantissima funzione sociale che si rispecchia  anche in un momento apparentemente nonsense come quello dei premi inesistenti. Con i Lunatici non ci si sente più soli in ore difficili durante le quali molti dormono ma spesso si svegliano pensieri e fantasmi che possono fare paura come ad esempio quello della solitudine. Tutti noi che attraversiamo insieme le ore piccole su Radio2 ci sentiamo parte di questa strana famiglia che abbiamo creato e che creiamo ogni notte insieme.  È una fuga, un’illusione che può farti  sentire speciale per una notte o per un’intera stagione“.

 Uscirà mai un libro lunatico?

Sono convinto che la nostra storia  andrebbe raccontata e  non ti nego che ci stiamo pensando seriamente…”.

 Da un paio d’anni potete contare anche sull’apporto della televisione. Che effetto  fa sapere che la trasmissione potrebbe essere considerata “strana” da uno spettatore che vi scopre per caso su Rai2?

E’ una preoccupazione che abbiamo spesso ma cerchiamo di superarla tenendo sempre nella massima considerazione l’ipotetico nuovo ascoltatore/spettatore, per il quale non deve essere mai dato niente per scontato. Nessuno deve trovarsi per caso ad ascoltare il programma e sentirsene escluso. Quando nella stessa notte ti chiamano un gruppo di ventenni fuori sede che studiano e hanno bisogno di prendersi un momento di svago, un avvocato sessantenne che vuole mettersi alla prova come cantante lirico ed una nonna che vuole festeggiare con te i suoi 90 anni, significa che stai facendo un buon lavoro da questo punto di vista, che stai facendo un prodotto inclusivo, che non stai facendo sentire nessuno estraneo a quello che succede in diretta”.

Quanto ti aiuta ogni notte avere in Roberto, più che un collega, un fratello acquisito?

E’ fondamentale. io non riesco proprio ad immaginare di dover fare la radio senza Roberto. Dal punto di vista dell’ascoltatore credo che si percepisca che il nostro è un rapporto genuino e  che ad esempio non fingiamo di ridere l’uno alle battute dell’altro. Per quello che riguarda il lavoro sarebbe stato impensabile riuscire a sostenere un carico del genere senza un fratello con cui condividere i sacrifici e le emozioni che abbiamo vissuto in questi anni”.

Ultima domanda: la radio compie 100 anni. Cosa deve fare per continuare ad esistere?

Deve continuare ad essere una finestra sul mondo, deve continuare a raccontarmi come il mondo si evolve.  Parlarmi delle novità, propormi della musica che non conosco, farmi conoscere quello che accade nei social ma senza scimmiottarli. Deve farci uscire dalla comfort zone creata dalla profilazione che ormai ci propone solo quello che già ci piace, deve stupire. Quando leggo o vedo qualcosa su un social non  credo mai al 100% a quel contenuto,  la radio da questo punto di vista ha un’autorevolezza diversa. Io mi fido della radio. Se non perde tutto questo, se resta se stessa, la radio non l’ammazza nessuno”. 

Stefano Beccacece

 

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Stefano Beccacece nasce nel 1985 a Torino. Sino a pochi anni fa poeta - ha pubblicato due raccolte tra il 2006 ed il 2010 - ora fa prevalentemente il blogger. Dal 2012 scrive di calcio e mass media. Su Radiomusik potete leggerlo prevalentemente nella sezione "Radio News".